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Alimentazione animali

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(materiale trovato in internet per ricerca informativa)

 

Alimentazione degli animali

 

La pratica zootecnica prevede tipi di alimenti diversi. Agli animali possono essere somministrati foraggi freschi (in particolare, foraggi di leguminose che hanno un tenore elevato di proteine), fieno (previo essiccamento), insilati (ovvero foraggi conservati in silos e caratterizzati da un pH acido a causa di processi di fermentazione lattica). Si impiegano inoltre foraggi secondari, cioè sottoprodotti delle colture aziendali o residui di lavorazioni industriali di prodotti agrari; i cosiddetti alimenti concentrati, rappresentati dai semi di cereali o dai residui dei semi oleosi (panelli e farine). In molti allevamenti è praticata anche l’integrazione con integratori azotati, proteici e grassi (di origine animale e vegetale) e con sali minerali; tra i prodotti vitaminici si trovano i lieviti di fermentazione e i concentrati vitaminici. Un particolare tipo di integrazione alimentare è quella costituita da preparati ormonali, composti attualmente vietati in Europa ma utilizzati negli Stati Uniti; tali prodotti, che permangono nelle carni macellate, sono di origine naturale e sintetica (come il DES, o dietilstilbestrolo, un ormone steroideo sintetico) e hanno proprietà anabolizzanti, cioè aumentano la massa muscolare dell’animale; in particolare, l’impiego dell’ormone della crescita, o GH, non è esente da rischi. In Italia l’uso di composti a base di ormoni è stato vietato dalla legge n. 4 del 1961 e dai D.M. del 1969 e del 1981; dal 1988 anche altri paesi dell’Europa hanno optato per la stessa soluzione.

La somministrazione degli alimenti può avvenire in modo manuale, nel caso dei foraggi, e da autoalimentatori, adottati per i mangimi. una tecnica molto diffusa negli allevamenti zootecnici, detta unifeed, prevede la somministrazione di razioni in cui gli alimenti sono mescolati, allo scopo di evitare che l’animale possa scegliere tra gli alimenti forniti.

 

"Zootecnia e allevamento," Microsoft® Encarta® Enciclopedia Online 2007

http://it.encarta.msn.com  © 1997-2007 Microsoft Corporation. Tutti i diritti riservati.

Alimentazione bovina

 

L’Unifeed 20 anni dopo

di Egidio Cecconello

     

L'evoluzione nei livelli produttivi della vacca da latte ha avuto del prodigioso negli ultimi decenni.

I risultati ottenuti sono stati di rilievo nei riguardi della quantità e della qualità produttiva grazie alla sinergica interazione tra il miglioramento genetico degli animali e l'evoluzione delle tecniche di allevamento.

Il progresso nelle conoscenze sulla fisiologia della vacca da latte e la loro applicazione nell'alimentazione ha rappresentato senz’altro una delle materie di maggiore studio e ricerca per giungere ad un'ottimale razionalizzazione dell’allevamento bovino. Problema rilevante di questi anni e' stato il trasferimento applicativo delle innovazioni tecniche, in modo da poter sostenere gli elevati livelli produttivi richiesti.

E' stato, ed e', questo compito, non facile, in quanto si e' reso necessario adeguare le tecnologie di produzione, di sistemi di allevamento estremamente differenziati, alle esigenze indicate dalle nuove conoscenze.

In questi ultimi decenni una delle tecnologie di produzione che più di altre ha determinato notevoli cambiamenti e' stata l'introduzione della tecnica alimentare " unifeed ".

L'introduzione di questa tecnica detta unifeed o piatto unico ha certamente costituito una tappa molto importante nella gestione organizzativa ed alimentare per gli allevamenti della vacca da latte Italiani.

Si caratterizza per la somministrazione contemporanea di tutti gli alimenti della razione, necessari a coprire i fabbisogni, miscelati fra di loro.

La somministrazione e' effettuata ad libitum, mediante l'ausilio di appositi carri miscelatori, tale tecnica ha acquisito un notevole impulso grazie all'impiego di insilati, in virtù delle caratteristiche di tali alimenti che assicurano contemporaneamente alla razione: appetibilità, umidità, alta energia, fibra digeribile.

Tra i pregi attribuibili all'unifeed possiamo distinguere i seguenti vantaggi:

-di carattere organizzativo:

    * migliore gestione e controllo della alimentazione, maggiore meccanizzazione, specie nei grossi allevamenti;

    * minore impiego di manodopera;

    * migliore e maggiore utilizzo dei sottoprodotti aziendali e/o industriali, adeguamento alla disponibilità di mercato ed al prezzo.

- di ordine alimentare - fisiologico:

    * aumento dell'ingestione volontaria di alimenti intorno al 5-8%(e quindi di energia e proteine), in virtù della trinciatura dei fieni, della maggiore appetibilità della miscelata.

    * migliore modulazione delle fermentazioni ruminali (minor variazione del ph ruminale), con conseguente possibilità di formulare razioni a più elevata concentrazione energetica senza innescare processi fermentativi anomali nel rumine e senza deprimere le fermentazioni dei batteri cellulosolitici;

    * incremento della produzione di latte (5-8% ) e migliore persistenza della curva di lattazione;

    * miglioramento qualitativo del latte: si verifica spesso aumento del tenore lipidico e anche di quello proteico;

    * riduzione dell'incidenza di talune malattie metaboliche (mastiti, malattie podali, acidosi, acetonemia ecc.);

    * controllo della qualità di alimenti distribuiti ed ingerite;

    * miglioramento dei parametri riproduttivi grazie ad una più equilibrata copertura dei fabbisogni che determinano una contenuta perdita di peso vivo nelle fasi iniziali della lattazione;

    * maggiore peso delle primipare a fine lattazione.

Pare tuttavia opportuno sottolineare che questi vantaggi sono ottenibili solo mediante un continuo ed attento controllo di tutte le fasi di preparazione della miscela: scelta della razione, operazioni di pesata, miscelazione e distribuzione della razione, registrazione dei residui di mangiatoia.

Per un corretto approccio all'uso dell' "unifeed" e' pertanto opportuno attenersi ad alcune regole essenziali:

1) occorre garantire una buona omogeneità della miscelata, che si ottiene quando l'umidità e' pari al 50 % circa, (la dimensione minima di trinciatura deve comunque assicurare lunghezze di 1 cm per il silo-mais e di 3-4 cm per i fieni, che non consenta alle bovine di discriminare e selezionare gli alimenti somministrati, e opportuno ricordare che sulla lunghezza di taglio soprattutto per il silo-mais vi sono teorie anche divergenti.

2) non bisogna eccedere con lo sminuzzamento del mais-silo, spesso conseguente ad uso eccessivo di fieno di graminacee ancora da trinciare (oltre i 4-5 Kg/capo); causa inoltre, di tempi lunghi di miscelazione e trinciatura per raggiungere una massa omogenea, nonché di usura del carro;

3) e' consigliabile invece distribuire 1-1.5 Kg. di fieno lungo ante miscelata sia per ridurre la quantità di fieno nel carro sia per ridurre l'entità del 1 pasto al momento della distribuzione della miscelata;

4) si deve distribuire la miscelata in andana larga (ad es. con doppio passaggio del carro miscelatore) in modo che le bovine non possano accedere a tutta la razione, allo scopo di limitare la quasi inevitabile cernita operata dagli animali;

5) si devono formulare razioni che prevedano sempre e comunque un adeguato quantitativo di fibra lunga,(fibra strutturata, NDF da foraggi); e' necessaria la costituzione di gruppi omogenei di bovine in relazione alla fase di lattazione (asciutta, inizio lattazione, metà e fine lattazione)se possibile all'età (primipare/pluripare) alla produzione di latte ecc.

Tecnica " unifeed " e qualità del latte

Sul versante qualitativo, che sta assumendo un ruolo più centrale nell'interesse del produttore, emergono miglioramenti di un certo interesse con l'introduzione della tecnica unifeed (es. aumento del titolo lipidico, spesso si riscontra un leggero aumento del tenore proteico, riduzione delle cellule somatiche).

Tuttavia va ricordato che tali miglioramenti non possono essere generalizzati, perché le cause di variazioni delle caratteristiche del latte sono multifattoriali.

Stadio di lattazione, clima, management, stato di salute degli animali, stress ecc. sono tutti fattori che interagiscono con l'alimentazione (intesa sia come copertura dei fabbisogni che come modalità di somministrazione degli alimenti), determinando un'enorme influenza sulle sintesi mammarie e quindi sulle caratteristiche qualitative del latte.

Va ricordato che tutte le eventuali situazioni di confronto in termini di miglioramento della quantità e qualità del latte in aziende che adottano la tecnica unifeed va raffrontato con situazioni alimentari già correttamente formulate per le aziende che adottano l'alimentazione di tipo tradizionale.

-Conclusioni

Sebbene la tecnica "unifeed" abbia assunto una notevole diffusione negli allevamenti di medie-grandi dimensioni e opportuno precisare che:

A) una buona conduzione dell'alimentazione non e esclusiva di chi pratica " unifeed ",

ed anzi persistono situazioni nelle quali non e ' possibile introdurre tale tecnica per motivazioni economico-strutturali.

B) L'applicazione corretta dell' "unifeed " non e' cosi semplice come può sembrare. Richiede una pratica lunga e meticolosa che necessita di mesi o anni di continue correzioni ed aggiustamenti, anche in relazione al notevole numero di fattori che interferiscono con la formulazione della razione;

C) la soluzione universale non esiste, ogni azienda costituisce una realtà con proprie problematiche (disponibilità di manodopera, tipo e qualità di foraggi , strutture aziendali ecc.)per cui nel rispetto delle indicazioni tecnico-nutrizionali e' necessario un adeguamento " personalizzato " .

D) la formulazione di una buona razione richiede la valutazione di un sempre maggior numero di variabili.

Per quanto riguarda la qualità del latte emerge che, in virtù dell'introduzione di una corretta tecnica dell' " unifeed " si ottengono alcuni interessanti risvolti positivi: il tenore del grasso si accresce ( anche se l'aumento del grasso può determinare problemi vedi quote latte)l'attitudine alla coagulazione migliora, la quantità di cellule somatiche si riduce.

Resta tuttavia il fatto che per ottenere migliori livelli qualitativi (più proteine e caseine, meno spore, ecc.)occorre approfondire le relazioni intercorrenti tra componenti della razione, stato endocrino – fisiologico dell'animale e sintesi ruminali.

In questo ambito diverrà certamente fondamentale " mirare " l'alimentazione della lattifera in modo da orientare adeguatamente taluni meccanismi endocrini ed ottenere i miglioramenti produttivo - qualitativi desiderati.

 

http://www.coldiretti.it/vicenza/il%20coltivatore/dicembre98/alimentazione.htm

Alimentazione animale e qualità del latte

 

La produzione quantitativa e qualitativa del latte bovino dipende da una complessa serie di fattori.

 

Ogni femmina lattifera ha caratteristiche di razza e quindi di patrimonio genetico particolari che influiscono sia sulla quantità che sulla qualità del latte prodotto. Negli ultimi decenni c'è stato un grande lavoro di selezione genetica, soprattutto sulle razze come la frisona a vocazione lattifera, per arrivare ad avere soggetti in grado di produrre grandi quantità di latte ( oltre 200 quintali in 305 giorni di lattazione) con elevate caratteristiche di grasso e proteine.

Nel corso della sua vita di fabbrica del latte le quantità di latte prodotte dalla bovina variano in funzione dell'età e del numero di parti effettuati. Sull'entità della lattazione incidono anche , oltre allo stato sanitario e di buona salute dell'animale, numerosi fattori ambientali: in particolare esercitano notevole influenza la disponibilità di acqua, i fattori climatici, come la temperatura e il tasso di umidità dell'aria o il numero delle ore di luce, i metodi di allevamento ( se in stalla o al pascolo), i sistemi di mungitura e l'alimentazione.

L'igiene degli animali e dei locali dove vengono allevati e il loro conseguente stato di benessere hanno un'influenza indiretta perché da essi dipende la minore o maggiore frequenza di malattie. stalla tradizionale stalla moderna

Come l'alimentazione condiziona la produzione

 

Noi siamo quello che mangiamo. Niente di più vero per i ruminanti come i bovini, in cui l'alimentazione ha un effetto diretto sulla qualità del latte prodotto.

Gli alimenti somministrati hanno effetti diretti sulla qualità del latte e indiretti sullo stato di salute dell'animale, da cui dipende la buona produzione lattea.

Il primo componente della dieta bovina che ha diretta influenza sulla produzione del latte è naturalmente l'acqua, che ne costituisce il 90% circa. Deve sempre essere disponibile per l'animale senza limitazioni di quantità, soprattutto quando la temperatura ambientale è elevata e il fabbisogno idrico dell'animale aumenta.

Gli alimenti solidi vengono invece dosati perché una razione equilibrata mantiene una buona funzionalità digestiva, che stimola la produzione del latte, sia qualitativa che quantitativa. Nel calcolo della razione gli allevatori tengono conto delle elevate perdite in azoto e sali minerali che si hanno con la produzione di latte, e fanno di conseguenza opportune integrazioni.

Una lunga digestione

 

Nella bocca dei bovini gli alimenti subiscono una triturazione sommaria. Vengono ammorbiditi con la saliva che è prodotta in notevole quantità - da 100 a 190 litri al giorno - e che, essendo ricca in bicarbonati e urea, mantiene il pH a livelli ottimali per il successivo attacco microbico, nel rumine, che è la parte di maggior volume.

Nel rumine, o prestomaco, avviene una prima digestione degli alimenti tramite fermentazioni microbiche. Ciò significa che circa il 60% di tutta la sostanza organica che la bovina ingerisce con erba, fieno e mangimi, viene attaccata dalla microflora che abita normalmente il rumine (oltre 10 miliardi per centimetro cubo, con prevalenza di batteri e una piccola parte - circa 10 milioni per cc - di protozoi) . I diversi ceppi che la compongono sono in grado di attaccare cellulose, amidi, proteine e lipidi grazie a trasformazioni fermentative. La microflora, che agisce in condizioni di mancanza di ossigeno o anaerobiosi, ricava dalle fermentazioni le sostanze necessarie per il proprio metabolismo.

bovine che ruminano

Dopo questa prima trasformazione, le sostanze in parte digerite, che formano un bolo grossolano, tornano in bocca, attraverso il reticolo. Nuovamente in bocca, subiscono la masticazione mericica, fatta di movimenti lenti di mandibola contro mascella. Di qui, attraverso la doccia esofagea, il vero bolo va nell'omaso e nell'abomaso, dove subisce l'azione degli enzimi digestivi, e infine nell'intestino.

I prodotti finali di queste importanti reazioni chimiche sono molecole semplici e perciò facilmente assorbibili, in grado di passare dalle mucose dell'intestino al circolo sanguigno, e quindi anche ad irrorare la mammella. A partire da alcune di queste sostanze, come acidi grassi volatili, lipidi e proteine microbiche, i cosiddetti precursori, avviene nuovamente la sintesi dei componenti del latte.

 

La dieta giusta per un buon latte

 

Affinché le fermentazioni microbiche possano svolgersi regolarmente, occorre che la razione alimentare sia composta in modo da soddisfare le esigenze dei microbi che le conducono. In pratica significa che devono contenere carboidrati, proteine e lipidi nelle quantità e nei tipi più appetiti dai batteri responsabili delle trasformazioni fermentative.

Cellulosa e amido, ad esempio, rispettivamente abbondanti nel fieno e nei cereali, sono entrambi carboidrati a catena lunga, ma vengono attaccati da ceppi diversi di microrganismi che hanno enzimi specifici: i batteri cellulosolitici e amilolitici, che demoliscono i polisaccaridi fino a zuccheri semplici. Questi servono in parte per il metabolismo batterico, che come prodotto finale dà acidi grassi volatili (acetico, propionico e butirrico), precursori degli acidi grassi che costituiscono la frazione grassa del latte.

 

http://www.torinoscienza.it/dossier/apri?obj_id=6404

Allevare Bio

Nel 1867 mentre si sviluppavano in Europa i primi segni dell'allevamento industriale, un grande zootecnico, Giacomo Valserres, ebbe a scrivere questa frase:

"Egli è certo che le carni provenienti dallo stallaggio fisso non devono essere tanto buone come quelle provenienti dal pascolo libero, e che debbono esercitare un'azione più o meno perniciosa sulla salute e sul temperamento delle persone che se ne cibano".

Dall'Agosto del 2000 è in vigore anche in Italia il regolamento che stabilisce le norme su come allevare in modo biologico.

In sintesi, gli scopi della Zootecnia Biologica sono:

Salvaguardia del consumatore: cercando di offrirgli il massimo di garanzie sulla salubrità dei derivati animali (carne, latte, uova, formaggi).

Salvaguardia dell'ambiente:

col recupero di aree marginali, con l'uso del pascolo, evitando grosse concentrazioni di animali e quindi grossi problemi di smaltimento deiezioni.

Salvaguardia degli animali: Previlegiando l'allevamento libero all'aperto. Vietando mutilazioni, ambienti sovraffollati, gabbie, catene ecc.

Salvaguardia della Biodiversità: recuperando in modo attivo razze inadatte all'allevamento intensivo e quasi scomparse, (alcune purtroppo irrimediabilmente scomparse) ma che ritrovano ragione d'essere e reddito nella Zootecnia Bio.

Ricerca di sapori perduti, di qualità perdute o dimenticate. Legate ad un modo di allevare, pur sempre "tecnologico", perchè c'è scienza e sperimentazione anche nella Zootecnia Bio, ma che non rincorre produzioni di quantità, ma di qualità.

Alimentazione

 

I foraggi sono alla base dell’alimentazione della bovina Bio.

Ne consegue che foraggi scadenti porteranno sempre a razioni scadenti. Il problema principale per l’alimentarista è coprire i fabbisogni nutritivi delle bovine forti produttrici.

Non potendo utilizzare farine di estrazione come soia e girasole ed integratori vitaminici di sintesi, solo con ottimi foraggi ci si avvicina ai fabbisogni teorici e reali della BLAP.(bov.latt.alta.produz.)

Quindi, o pensi di avere foraggi favolosi(mediche di essiccatoio, falciate allo stadio di bottone fiorale ecc.), o rivolgiti verso un altro tipo di animale.

Non riuscire a fornire la quantità di nutrienti di cui la lattifera ha bisogno significa rapido dimagramento, chetosi, infertilità, diminuzione delle difese organiche, mastiti, metriti, zoppie, rimonta esagerata, drastico peggioramento della qualità del latte.

Situazione opposta a quella che si voleva ottenere nel mondo del biologico.

 

http://www.aiab.it/nuovosito/campo/allevare/bovini.shtml

Mangime

(Questa voce è solo un abbozzo)

 

Il mangime è una qualsiasi sostanza utilizzata per l'alimentazione del bestiame e, più in generale, degli animali.

Di solito, il mangime per il bestiame è ricco di proteine, carboidrati, grassi, sali minerali e vitamine. La razione giornaliera viene adeguata, oltre che al tipo di animale, all'età dello stesso e alle esigenze produttive delle singole specie e razze.

 

I mangimi possono essere composti da:

    * foraggi verdi o secchi (fieno, insilati)

    * radici, tuberi, semi o frutti vari (fave, lupini, orzo, castagne, carrube, ghiande)

    * sottoprodotti dei cereali (pule, crusche, stocchi di mais)

    * sottoprodotti dello zucchero (melassa, polpa di barbabietola)

    * sottoprodotti di carni o di pesce

Il mangime cosiddetto "concentrato" è quello che dà all'animale un'alta dose di proteine e grassi con piccole porzioni. Questi prodotti concentrati vengono di solito realizzati da industrie apposite denominate industrie mangimistiche.

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Mangime

Foraggio

(Questa voce è solo un abbozzo)

 

Per foraggio si intende l'intera parte vegetativa di una pianta destinata, anche dopo alcune trasformazioni, ad alimentare il bestiame. Frutti e semi rientrano nel foraggio se sono raccolti insieme alla parte vegetativa, altrimenti se raccolti a parte sono considerati concentrati.

Le specie vegetali che vengono utilizzate per la produzione di foraggio sono definite piante foraggere o colture foraggere.

Ogni foraggio si caratterizza per le sue quantità di fibra (carboidrati strutturali), proteine, zuccheri ed altri componenti presenti in misura minore.

Il valore energetico di un foraggio è stimabile con vari sistemi; il più diffuso prevede come unità di riferimento l'energia contenuta in un kg d'orzo, definita come unità foraggera.

Colture foraggere normalmente ricche in proteine sono le leguminose, mentre le graminacee risultano più ricche di carboidrati semplici, il che le rende particolarmente idonee all'insilamento.

I foraggi possono essere dati agli animali freschi o conservati. I sistemi di conservazione sono sostanzialmente due:

    * affienamento, col quale si ottiene un foraggio affienato (il fieno)

    * insilamento, col quale si ottiene un foraggio insilato (l'insilato)

 

http://it.wikipedia.org/wiki/Foraggio

Foraggio

 

alimento per il bestiame domestico. Tra i foraggi vanno ricordati l'erba fresca (foraggio verde), che costituisce l'alimento base per moltissimi animali, e il fieno (foraggio conservato), che si ottiene essiccando l'erba. Molto importanti nei foraggi sono il valore nutritivo, costituito dalla percentuale di sostanze azotate, proteine, carboidrati e grassi, e le qualità organolettiche, che li rendono graditi al bestiame.

 

http://www.sapere.it/gr/ArticleViewServletOriginal?otid=GEDEA_foraggio&orid=OMNIA_014770&todo=LinkToFree

Insilati

 

Insilati Scorte di foraggio, conservate e immagazzinate per fornire cibo al bestiame durante l'inverno. Il termine deriva da silo, il nome della costruzione cilindrica, in metallo o muratura, che contiene il foraggio.

La conservazione degli insilati dipende dalla fermentazione controllata del foraggio verde, che avviene nel silo. Per ottenere un cibo di alto valore nutritivo è importante regolare adeguatamente l'afflusso di aria e la temperatura del silo. Inoltre, un certo numero di nutrienti, ad esempio amidi e zuccheri, possono essere aggiunti durante la fermentazione, sia per accelerare il processo, sia per aumentare il valore nutrizionale del foraggio stesso. I sili sono generalmente considerati i contenitori migliori per assicurare una massa di foraggio molto compatta, nella quale la circolazione dell'aria e il contenuto di umidità possono essere controllati in modo particolarmente preciso. Due tipi di costruzioni utilizzate anch'esse a questo scopo, ma meno efficienti, sono il silo a trincea, che è semplicemente scavato nel terreno e rivestito di calcestruzzo, e il silo a bunker, una camera in mattoni o legno, costruita nel terreno.

 

"Insilati," Microsoft® Encarta® Enciclopedia Online 2007

http://it.encarta.msn.com © 1997-2007 Microsoft Corporation. Tutti i diritti riservati.

 

       

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